martedì 18 settembre 2012

La lezione dei campi della legalità


Questa estate abbiamo partecipato ai campi di lavoro nelle terre confiscate alla criminalità organizzata. Questi campi sono presenti principalmente al sud: in Puglia, Calabria, Sicilia, Campania e sono organizzati da Arci, Cgil, Spi Cgil e Libera. L’esperienza dura 10-15 giorni e consiste nel lavorare nei campi la mattina e assistere a incontri di formazione nel pomeriggio. 
Abbiamo saputo dei campi dai nostri genitori, che ci hanno proposto di passare una parte della nostra vacanza in modo alternativo. Ci ha stupito il fatto che quasi tutti gli altri campisti ne siano venuti a conoscenza grazie a incontri e assemblee a scuola, mentre nei nostri licei non è stato organizzato niente. Prima di partire avevamo l’intenzione di fare questa esperienza perché non avevamo mai lavorato in campagna e ci piaceva particolarmente l’idea di metterci in gioco, specialmente in terre gestite da associazioni impegnate nella lotta contro la mafia. 
Per questa prima esperienza abbiamo scelto il campo di Torchiarolo, in provincia di Brindisi, nella villa e nelle terre confiscate a Tonino Screti, cassiere della sacra corona unita. Quando siamo arrivati i coordinatori ci hanno subito presentato gli altri campisti. 
Sin dai primi giorni, tutti i membri del gruppo sono stati disponibili e aperti al dialogo e questo ha facilitato da subito la coesione tra di noi. Una cosa che ci ha colpito, infatti, è stato il rapido sviluppo dell’amicizia, nonostante la timidezza iniziale. Alla fine del campo ci siamo scambiati contatti e indirizzi e continuiamo a sentirci tuttora. 
Ciò che ci ha toccato di più sono stati gli incontri di formazione cui hanno partecipato tra gli altri don Luigi Ciotti, presidente di Libera, Alessandro Leo, presidente della cooperativa che ci ha ospitato, Fabio Marini, presidente dell’associazione antiracket. Ci hanno fatto capire come fare antimafia e come gli abitanti del posto reagiscono alle continue minacce. Nonostante prima di partire avessimo poco interesse al riguardo, poi ci siamo ricreduti. 
Ora che siamo tornati a casa vorremmo far capire alla gente quanto sia importante lavorare in comunità, perché è l’unico modo per fare antimafia. Le persone che quest’anno si sono messe in gioco hanno capito quanto lavorare insieme sia importante anche per il concetto stesso di cittadinanza. Per questo pensiamo che la prima cosa da fare sia parlarne a scuola e coi nostri amici.

                                                                             Davide e Federico

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