Il 10 luglio 2012 partivamo per
Torchiarolo in Puglia, per la nostra avventura ai campi di lavoro 2012 con
Libera; ansia, emozione e tante aspettative, un viaggio lunghissimo, ci
sembrava interminabile, tanta era la voglia di arrivare, capire, partecipare.
Eleonora, Gigliola, Ivana, Norma: quattro donne dello Spi Cgil di Bologna, che decidono di fare questa esperienza di lavoro e di rapporto con i giovani studenti in un campo di Libera; una sfida con noi stesse, una sfida come impegno sociale. Stanchissime siamo arrivate alla villa Santa Barbara (confiscata alla Sacra corona unita), il ricordo più vivo per tutte, è il caldo infernale di quei giorni, ma l’adrenalina era ancora al massimo. Quattro pensionate e un pensionato di Forlì, Luigi, a stretto contatto per dieci giorni con diciannove ragazzi e ragazze (alcuni sedicenni) e tre giovani coordinatrici: un’esperienza meravigliosa che rafforza.
Eleonora, Gigliola, Ivana, Norma: quattro donne dello Spi Cgil di Bologna, che decidono di fare questa esperienza di lavoro e di rapporto con i giovani studenti in un campo di Libera; una sfida con noi stesse, una sfida come impegno sociale. Stanchissime siamo arrivate alla villa Santa Barbara (confiscata alla Sacra corona unita), il ricordo più vivo per tutte, è il caldo infernale di quei giorni, ma l’adrenalina era ancora al massimo. Quattro pensionate e un pensionato di Forlì, Luigi, a stretto contatto per dieci giorni con diciannove ragazzi e ragazze (alcuni sedicenni) e tre giovani coordinatrici: un’esperienza meravigliosa che rafforza.
Sveglia alle 4,30 ogni mattina, dopo notti
passate a “dormire” su materassini gonfiabili, caldo torrido anche di notte,
preparazione della colazione per tutti, il lavoro nei campi sino alle 11,
preparazione del pranzo, siesta e finalmente la formazione collettiva, fino alla
cena e il relax delle serate accompagnate dalla melodia di centinaia di cicale
giganti.
Gli incontri pomeridiani e le lunghe
chiacchierate con Vincenzo, il contadino tutto fare, colui che sostiene nei fatti
il prezioso lavoro nei campi, sono stati i momenti più intensi e significativi,
hanno sollecitato in tutte noi mille riflessioni e interrogativi, che
continuavano prima che ci addormentassimo nel buio della stanza… Solo la
stanchezza frenava il fiume di parole e le analisi che avremmo voluto
concludere. L’incontro con Don Raffaele, un prete che come si dice a Bologna “ce
ne fossero”; Alessandro, presidente della cooperativa Terre di Puglia; il
responsabile dei beni confiscati; Michela Almiento, segretaria Cgil Brindisi, e
un giovane e bravissimo magistrato della procura di Brindisi, la visita alla
sede della cooperativa di Mesagne e tanto altro. Lunghe chiacchierate e tante
domande, la fertile curiosità dei giovani, molto attenti e impegnati (alla
faccia dei bamboccioni). La sorpresa di trovare fra i giovani tre rifugiati
afghani, ragazzi che hanno dovuto abbandonare il loro paese, i genitori; tra
mille traversie, il loro racconto ascoltato nelle pause, è stata un’emozione indescrivibile,
non volevamo piangere davanti a loro, non l’abbiamo fatto, ma una alla volta
chissà perché ci si ritrovava in camera a cercare qualcosa di indispensabile e ci
si soffiava il naso di nascosto. Ragazzi meravigliosi che hanno tutta la vita
davanti per migliorare la loro condizione, ma quella luce opaca negli occhi è
difficile da cancellare. Diego il cucciolo del gruppo, mandato dalla mamma per
ben due turni di lavoro (venti giorni) per imparare che la vita è dura e le
regole vanno rispettate… I nomi sono diciannove, troppi per lo spazio che
abbiamo, ma sono tutti nel nostro cuore.
Certo non si sceglie di andare a fare
una tale esperienza senza una sensibilità, un pilastro familiare, ma questi
giovani sono in gamba e prenderanno in mano il futuro di questo povero paese. La
presenza dei volontari pensionati insieme ai ragazzi ha permesso uno scambio prezioso,
di arricchimento reciproco, che si dovrà tradurre adesso in altre iniziative sul
nostro territorio, di coinvolgimento, per fare conoscere e sollecitare la riflessione.
I campi e i laboratori sono un esempio che, anche in quei luoghi dove la criminalità
ha spadroneggiato, è possibile ricostruire una realtà sociale ed economica fondata
sulla legalità. Le mafie sono un fenomeno non circoscritto alle regioni del
sud, l’Emilia Romagna è una regione ricca, un territorio ambito dalle
illegalità, proprio per questo non bisogna abbassare la guardia, ma attraverso
la costruzione di un tessuto sociale forte, produrre azioni e una cultura
diffusa della legalità, del rispetto delle regole, di promozione culturale e
relazioni umane. Sul muro della villa nella sala dedicata alla formazione,
spiccava una bellissima frase del giudice Livatino, ucciso dalla mafia: “Alla
fine non ci chiederanno se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”.
Ivana Sandoni
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