Lo
scorso maggio, un gruppo di pensionati dello Spi Cgil della provincia
di Brescia, in coincidenza con i funerali di Stato di Placido Rizzotto a Corleone, è
partito alla volta della Sicilia con l'intento di ripercorrere alcune
delle tappe che hanno segnato la storia recente del nostro paese e riaffermare quei valori di democrazia e libertà per i quali centinaia di
persone, tra cui molti sindacalisti, hanno perso la vita. Ecco il resoconto di quel viaggio.
Da alcuni anni, noi pensionati della Zona Navigli Valverde, abbiamo
intrapreso
un
percorso
per
meglio
conoscere
e ricordare la storia del nostro paese. La storia della lotta contro il fascismo, per la democrazia e i diritti costituzionali, per la libertà dal terrorismo stragista e dalle mafie.
Abbiamo viaggiato così idealmente per l’Italia, da Trieste a Palermo, percorrendo a ritroso molti luoghi segnati dagli avvenimenti, dalla lotta di resistenza ai massacri di vittime innocenti, riscoprendo le ragioni della libertà e della democrazia, che hanno reso forti e trasparenti
i
valori
fondanti
dell’unità del nostro paese, e per l’affermazione
dei
quali
il nostro popolo ha sopportato grandi sacrifici.
Siamo orgogliosi di questa esperienza, che ci ha permesso di incontrare testimoni, e parlare con persone che le storie le hanno vissute, o che le hanno avute in eredità, affinché non cadessero nell’oblio.
Quest’anno il nostro viaggio ci ha portati, dal 20 al 25
maggio, in Sicilia: Corleone, Portella della Ginestra, Partinico, Cinisi, Capaci, luoghi dove la mafia ha lasciato scie di sangue indelebili con i crimini commessi. Luoghi dove hanno vissuto uomini e donne coraggiosi, spesso dirigenti della Cgil, i cui nomi ritroviamo scolpiti sulle lapidi dei cimiteri o sui busti eretti a loro memoria (...).
Nelle terre di Riina e Provenzano
Giunti a Corleone, il giorno precedente a quello dell’arrivo del presidente della Repubblica per i funerali di Stato a Placido Rizzotto, l’aria che si respirava era greve. Siamo nella terra dei Liggio, dei Riina, dei Provenzano.
Nella piazza centrale dedicata a Garibaldi, riempita per l’occasione da oltre cinquanta pensionati giunti da Brescia, accompagnati da alcuni compagni dello Spi di Palermo, il segretario della Camera del lavoro di Corleone, Dino Paternostro, davanti al monumento dedicato a Placido Rizzotto, ha raccontato
tra
la
gente
incuriosita
e
sospettosa
che
ci
osservava,
la
storia
di
questo
grande
dirigente.
Il racconto diceva di un uomo straordinario, segretario della Camera del lavoro che difendeva i
diritti dei contadini contro gli agrari, che nel marzo del 1948 venne vigliaccamente ucciso dai sicari della mafia e infoibato
per
disperderne
il
corpo.
Oggi i resti di Placido sono stati recuperati e pretendiamo giustizia, che i
capimafia, mandanti degli assassini come il medico Michele Navarra, mai
indagato, siano condannati per i crimini commessi.
Il ricordo di Portella
Mestamente con un nodo in gola ripartiamo per salire alla Piana degli Albanesi e a Portella della Ginestra. Lassù come un presagio funesto il vento sferzava il viso e nuvole minacciose s’apprestavano a scatenare un violento temporale. Tutto ciò non ha impedito di raccoglierci nel parco della memoria dove su grandi massi sono incisi i nomi delle vittime del vile attentato perpetrato dalla banda del bandito Giuliano.
Qui,
in quel tragico 1° maggio del 1947, morirono 11 contadini e 27 rimasero feriti.
Successivamente il numero dei morti aumentò per la gravità delle ferite
riportate. E in questo luogo, impregnato da una forte sacralità, l’incontro con Serafino Petta è stato un momento toccante.
Aveva 13 anni Serafino quando dal versante della collina iniziarono a sparare sui manifestanti. Con calma, con voce sommessa, misurando le parole, i ricordi hanno ripercorso quei momenti con grande intensità e commozione (...). Ci racconta di lui e degli altri ragazzi nascosti nelle insenature del terreno e di suo padre che perderà la vita. Muti, senza parole in assoluto silenzio mentre un uragano ci avvolgeva, il racconto scorre via scavando negli angoli della memoria, resi indelebili nonostante gli anni trascorsi. Abbiamo dovuto scuoterci per riprendere il viaggio, non
prima di aver abbracciato calorosamente Serafino (...).
I cento passi
Gli
incontri e il peregrinare ci hanno portato nei giorni seguenti a Cinisi, presso
la casa memoria Peppino Impastato, giovane figlio di mafiosi che, dopo essersi
reso conto di cosa fosse la mafia, le aveva giurato guerra e per questo il 9
maggio 1978 fu ucciso. La sua storia è stata raccontata con grande intensità
nel film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana.
Nella
casa museo, stipati in poco spazio, ci ricevono due ragazzi che ci raccontano
la storia di Peppino e ci accompagnano, percorrendo i famosi cento passi, verso
la casa, ora sequestrata, del boss mafioso Tano Badalamenti. Visitare luoghi
dove vissero uomini macchiati da crimini mostruosi dà sensazioni strane,
difficilmente descrivibili. La cosa che però ci ha colpito positivamente è
stato il vedere giovani che accrescono il loro impegno contro la criminalità
mafiosa.
L’ultimo
incontro avviene con un personaggio singolare, Pino Maniaci, che con la moglie
Patrizia e le figlie Letizia e Simona, dirige Tele Jato, una piccola rete
televisiva che ha fatto della lotta contro tutte le ingiustizie, a partire
dalla lotta contro la criminalità mafiosa, la sua missione.
Il
viaggio si avvia alla sua conclusione. Non con poca nostalgia lasciamo questa
terra.
Abbiamo
conosciuto persone straordinarie e i luoghi che abbiamo visitato ci hanno
arricchito sul piano ideale e hanno dato un senso compiuto al concetto di unità
del nostro paese.
Questa
esperienza che noi proponiamo anche ad altri sarà lo stimolo per nuovi viaggi.
Bruno Campovecchi
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