Anche quest’anno si
torna nei campi della legalità organizzati da Arci, Cgil, Spi insieme all’Unione
degli universitari e alla Rete degli studenti medi, in collaborazione con
Libera. Nei terreni agricoli, nelle aziende e negli immobili confiscati alle
mafie si respira aria pulita.
Lasciati libri scolastici e zaino
in spalla migliaia di giovani anche quest’anno migrano verso i campi della
legalità. Niente ferie e vacanze sul pattino, ma giornate di duro lavoro
volontario. Per tutta l’estate gruppi di ragazzi e ragazze si alternano nei campi
della legalità organizzati da Arci, Cgil e Spi e si trasformano in contadini,
giardinieri, cuochi e muratori. Stessa missione per i pensionati, sulle cui
spalle oltre alla conduzione della cucina, grava un compito in più: trasferire
ai giovani la memoria delle battaglie intraprese per i diritti civili e del
lavoro. Una domanda sorge allora spontanea: perché lo fanno? Perché – è la
risposta che danno in tanti – credono che questa sia la via per riscattare
certe zone del paese da uno dei fardelli più duri da scrollarci di dosso: l’illegalità
che soffoca ogni volontà e sforzo per lo sviluppo della nostra Italia.
Dieci i campi. Quest’estate
tutti questi giovani fanno turni di una settimana in dieci campi: Torchiarolo e
Cerignola in Puglia, Parete in Campania, Campolongo in Veneto, Campisirago in
Lombardia, Polistena e Isola Capo Rizzuto in Calabria, Isola del Piano nelle
Marche, Corleone e Canicattì in Sicilia. Poi ci sono cinque laboratori
antimafia: Catania, Riace in Calabria, Bari, Lecco e Ventimiglia. Le attività
sono diversificate: lavoro agricolo, risistemazione del bene confiscato,
formazione e incontri con il territorio. Ovunque lo Spi è impegnato con i suoi volontari,
anche di più dell’anno scorso. «Il nostro obiettivo – spiega Ivan Pedretti,
segretario nazionale dello Spi – è diffondere una cultura fondata sulla legalità
e la giustizia sociale da contrapporre alla sottocultura della violenza, del
privilegio e del ricatto mafioso. Ricostruire una realtà sociale ed economica sulla
cittadinanza attiva e la solidarietà è possibile, ma serve una volontà diffusa
di essere protagonisti e di voler tradurre questo impegno in un’azione concreta
di responsabilità e di condivisione».
Il punto di forza dell’iniziativa dello Spi è la sua volontà di lotta e
il suo bagaglio di memoria che diventano segni tangibili del cambiamento
necessario che si deve contrapporre alla mafia. «Occorre spezzare il legame
esistente tra il bene posseduto e i gruppi mafiosi – continua Pedretti –
intaccandone il potere economico e marcando il confine tra l’economia legale e
quella illegale».
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